E' un film vincitore dell'Oscar al miglior film straniero 2005, diretto da Gavin Hood, ed ambientato a Soweto, vicino a Johannesburg in Sudafrica. Il film è basato sul romanzo di Athol Fugard, che porta lo stesso nome della pellicola.
Trama: Orfano di madre, morta di HIV, e cresciuto con un padre violento che abusava di lui, David, più conosciuto come Tsotsi, è il diciannovenne e spietato capobanda di un gruppo di giovani criminali, che vivono in una baraccopoli di Johannesburg. In fuga da un passato doloroso, Tsotsi ha rimosso qualunque ricordo della sua infanzia, compreso il suo vero nome: infatti nel gergo del ghetto "Tsotsi" vuol semplicemente dire "gangster". Una notte, accade che Tsotsi spari ad una donna per rubarle l'auto, senza rendersi conto che sul sedile posteriore c'è un neonato addormentato, figlio della donna. Nonostante la sua corazza di rabbia, Tsotsi decide ugualmente di prendersi cura del piccolo. Ben presto il ragazzo si renderà conto che nelle sue condizioni sarà difficile anche soltanto nutrire il bambino. A modo suo Tsotsi incomincerà a prendersi cura di lui.
Tsotsi" non è il solito film sui ghetti; non è neanche il solito film sulla vita ai margini e allo sbando dei neri africani, ma è una parabola sulle conseguenze della violenza, sul passato che ritorna inaspettato, sul riscatto esistenziale.
Gli attori parlano il linguaggio-slangs delle strade di Soweto; il mondo di Tsotsi è un mondo di contrasti: baracche/grattacieli, ricchezza/povertà, rabbia/dolore. I personaggi - o meglio, i ragazzi - hanno un'anima duplice: dietro alla corazza di rabbia e violenza si cela la loro umanità, il loro grido di aiuto (che spesso viene accolta con altra violenza!), di attenzione e di rispetto.
La storia, una redenzione improvvisa e imprevista, è un po' tirata per i capelli, ma regge grazie ad un'ottima secchezza narrativa e ad un impianto scenico di prim'ordine. C'è fatica nel passare dalla violenza al pentimento, tuttavia i continui richiami all'ingiustizia sociale puntellano bene il primo fenomeno, mentre cenni umanitari di fondo in qualunque individuo fanno ancor meglio nei confronti del secondo. Il pretesto, tutto sommato banale, a sostegno della redenzione non convince del tutto, anche se l'interprete vive la sorpresa con impegno non indifferente. Qualche eccesso sentimentale non riesce a rovinare lo spettacolo.
Consiglio vivamente SERAFINA! IL PROFUMO DELLA LIBERTA’ che tratta di un argomento differente, il film è incentrato sulla vicenda degli scontri di Soweto del 1976 in Sudafrica, durante l'Apartheid. Se i musical non sono il vostro forte, sarete un po’ restii a guardarlo, ma merita!
Ricordo che non mi colpì granchè, mi parve molto retorico.
RispondiEliminaSe ti capita e vuoi davvero sgranare gli occhi per certi inferni africani, guarda il documentario L'incubo di Darwin. Una cosa incredibile.
lo cercherò e lo guarderò!!
RispondiEliminama per esperienza non ho bisogno di aprire gli occhi su certi orrori che purtroppo incendiano tali popolazioni... vedi Hotel Rwanda, Sarafina...
Arym, film come Hotel Rwanda sono una fotografia agghiacciante, è vero, ma ne L'incubo di Darwin tutto pare oltre ogni pellicola si possa girare in proposito.
RispondiEliminaUn'esperienza incredibile.
Ti prendo sulla parola, l'ho già messo in scarico!
RispondiEliminaGrazie a Dio nel paese d'origine dei miei genitori non ci è mai stata una guerra civile, non hanno mai vissuto sulla loro pelle le conseguenze del genocidio o stragi etnici; però basta guardare negli occhi di chi ha sofferto o soffre per rendersi conto che il male è ovunque ma soprattutto si manifesta nei modi più disparati.
Assolutamente d'accordo, Arym.
RispondiEliminaA questo punto, però, sono curioso di sapere quale sia il paese d'origine dei tuoi!
ciao Mr, io miei provengono dal Ghana! :)
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